L’algoritmo della società premia ancora l’omologazione. Conviviamo con una fuorviante rappresentazione della realtà, in cui ci illudiamo di una parità di genere estremamente fittizia, dove le forti discriminazioni sociali, economiche e di potere

non sono poi per niente superate. Non occorre più fotografare la realtà per rilevare lo squallore che si cela dietro i pregiudizi. L’attribuzione di un valore sociale differenziato al genere dipende ancora da antichi retaggi culturali di una persistente dicotomia tra uomo e donna, maschio e femmina, “volitivo e oblativo, razionale ed emotivo, geniale e introspettivo”. L’errore resta ancora una volta legato ai processi educativi e formativi delle nostre comunità. Penso ai modelli che trasmettiamo dall’infanzia all’adolescenza, nelle famiglie e nelle agenzie educative. Riflettiamo sull’educazione di genere che trasmettiamo ai nostri figli!
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