di Irene Zerbini
“Non riesco a respirare” . Ogni riferimento al 2020, porta in primo piano l’immagine, vivida, di George Floyd e la sua involontaria celebrità. “I can’t breathe” supplicava il poliziotto che lo stava

soffocando, alla presenza di altri colleghi e complici. E poi, come in una successione obbligatoria, le foto dei respiratori, dei caschi, dei polmoni. E’ stato l’anno del respiro, attività sottostimata fino a qualche mese fa, per ovvie ragioni. L’anno in cui proprio lo yoga tra le mura di casa ha raggiunto picchi inattesi di popolarità. Non a caso la disciplina del respiro. L’anno dell’Europa che, svestiti i panni di matrigna, corre in soccorso alle economie in difficoltà “ per dare una boccata d’ossigeno”. Un anno in cui l’orizzonte del lavoro da casa, rincorso per decenni dalle donne in continua sospensione tra carriera e maternità, di colpo diventa un’ovvietà, quando a guidarlo è un’istanza di protezione che viene anche dagli uomini.
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